Errori, bias e decisioni del cavolo
Molto spesso nella vita ci troviamo a maledire noi stessi per tutta una serie di decisioni sbagliate o prese d’impulso che ci hanno portato a fare per l’ennesima volta l’ennesimo errore. Quando questo accade, diciamoci la verità, non sappiamo proprio con chi prendercela. Ce la prendiamo dunque con noi stessi e ci insultiamo in vari modi molto creativi. Senza sapere che, in realtà, il modo in cui funziona la nostra mente non aiuta quasi mai il processo decisionale. Ecco perché a volte siamo recidivi negli stessi passi falsi dell’anno scorso.
Vi è un principio neurologico chiamato neuroplasticità secondo il quale quello che facciamo, desideriamo e quello cui ci esponiamo influenza direttamente ogni struttura e funzione del nostro cervello. In poche parole, siamo noi gli allenatori della materia grigia! Il modo in cui il nostro cervello si comporta e i meccanismi che segue dipendono proprio da tutto quello che noi gli propiniamo. Da come lo programmiamo.
A questo aggiungiamo che l’evoluzione ci ha abituato a muoverci in un mondo potenzialmente pericoloso, pieno di cose da tenere sott’occhio. Un mondo nel quale dobbiamo, in teoria, essere molto rapidi nel prendere una scelta. Per questo siamo facilitati nel fare task ripetitivi che non comportino un eccessivo rimuginare. Per questo siamo abituati a vivere di bias cognitivi.
Daniel Kahneman, psicologo e premio Nobel, è l’autore del libro Thinking, Fast and Slow (favoloso, anche se mi tocca segnalare che oggi alcune cose sono "datate" da un punto di vista scientifico, quindi prendetelo con le pinze) nel quale simboleggia il funzionamento del nostro cervello presentandoci due sistemi. Sistema 1 e Sistema 2.
Il Sistema 1 è quello rapido, scattante. Propone suggerimenti veloci che, se sono accettati dal Sistema 2, diventano le nostre credenze più profonde, la nostra unica modalità di rispondere alle sfide del mondo.
Il Sistema 1 è abitudinario. Filtra e butta fuori tutti i dati che sono nuovi, non familiari e piuttosto unisce dati già noti per supportare le nostre forme di credenza, per rendere la nostra vita prevedibile e rassicurante. Il Sistema 2 potrebbe salvarci da questa modalità, ma non lo fa. Tendenzialmente è pigro.
Non viviamo più in un mondo di sfide spaventose e continue come quello degli uomini primitivi. Dunque abbiamo il tempo per sederci un attimo su quella dannata poltrona e pensare prima di agire. Dice Kahneman: “Se hai tempo per riflettere, allora rallentare è un’ottima idea”.
Il Sistema 2 è proprio quello che ci permetterebbe di rallentare.
La scienza della mente pigra
Partiamo dal capire meglio come funzionano i due Sistemi.
Come dicevamo, il Sistema 1 opera in rapidità. Ha bisogno di poco controllo e di poco rimuginare perché si muove in automatico. Trattasi del sistema intuitivo, e di quello dove avvengono la maggior parte delle nostre decisioni.
Il Sistema 2 è quello meno avventato, meno impulsivo. Attinge ogni volta al quadro completo di informazioni, ricerca nuovi dati. Trattasi di un processo mentale controllato, razionale, che pondera molto e che sa essere logico e scettico. Ma, in quanto pigro, è il sistema che prende il 2% circa delle decisioni. Eppure il decision making generato da questo sistema ci garantirebbe di essere prudenti, assennati e saggi. E magari di migliorare la nostra vita.
In realtà additare “2” di pigrizia non è tanto corretto. Il punto è che siamo fatti così, per natura, e - come dice Kahneman - siamo non solo ciechi ma anche ciechi di fronte alla nostra cecità. Dietro questo meccanismo vi è sempre l’evoluzione.
Il nostro cervello vuole risparmiare calorie e quindi sviluppa abitudini per evitare fatica. Per risparmiarsi lo strazio di imparare cose nuove. I neurobiologi dicono che se noi adulti volessimo far crescere il nostro cervello alla velocità con cui cresce quello - straordinario - dei bambini, allora avremmo bisogno di 40.000 calorie al giorno! Queste sarebbero le risorse necessarie!
Ora sì che giustifichiamo la pigrizia di 2, vero? Per sopravvivere ci basiamo sulle routine, sulle abitudini. Su quel che viene chiamato comfort zone.
Il Sistema 2 poltrisce ogni volta che non cambia le decisioni prese dal Sistema 1. Quando non oppone logica e lentezza allo sfornare decisioni velocissime.
Il Sistema 1 prende la strada facile. Si basa su tutto quello che - in termini di neuroplasticità - abbiamo sviluppato nel passato con esperienze, routine e abilità. Gli stessi bias che ci fregano sono frutto dell’habitual thinking. Dice Kahneman che “la pigrizia è impressa nella nostra natura”.
Tramite il Sistema 1 crediamo che ogni nostra predizione funzioni. Che ieri sia simile a oggi perché “abbiamo sempre fatto così” o “perché abbiamo ragione noi”. Sappiamo noi cos’è meglio, giusto?
In realtà è raramente così. E spesso prendiamo pali in faccia.
Il Metodo Yoda contro la mente pigra
Per risolvere l’annoso problema sollevato da Kahneman dobbiamo spostarci in una galassia lontana lontana e introdurre un metodo che - proprio in quanto basato sulle parole del celeberrimo maestro Jedi - chiameremo Metodo Yoda.
In poche parole, per attivare Sistema 2 “devi disimparare ciò che hai imparato”.
Se vogliamo allenare la nostra neuroplasticità dobbiamo imparare a fare cose in maniera diversa da quella che facciamo. Qualcuno dice che basta anche cambiare mano con cui ci laviamo i denti per causare una trasformazione nel nostro cervello. Qualsiasi esperienza che viviamo può essere un’esperienza che sfida il tuo cervello a sviluppare nuove connessioni. Il disimparare comprende la ri-organizzazione interna. Stabilisce una nuova connessione neuronale. Questo è lo Slow Thinking per Kahneman, in fondo: tutto quello che ha bisogno di sforzo, risorse, tempo, energie. E rendiamoci conto che il pensiero lento è anche un modo pe smantellare abitudini e vizi! E in tutto questo, Kahneman non demonizza l’intuizione. L’intuizione, se è davvero a un livello expert, è potente. Certo una expert intuition nasce se ci muoviamo in un ambiente controllato e non caotico, familiare, con molte possibilità di imparare e ricevendo costanti feedback dalla realtà per capire se le nostre intuizioni erano corrette. Possiamo fidarci delle nostre intuizioni esperte, in età adulta, quando capiamo il momento giusto per attraversare la strada. Ma nei momenti dove ci manca tutto il resto - i feedback dalla realtà, l’esperienza, gli esperimenti - allora affidarci all’intuizione è un po’ come andare a casaccio.
Dunque non ci resta che lavorare sulla neuroplasticità. Le connessioni fra neuroni cambiano continuamente, con flessibilità. Dunque il nostro cervello cambia, e così cambiano le attivazioni dei due sistemi. Se non ci esponiamo alle cose che davvero possono farci crescere - ovvero se rimaniamo chiusi nel nostro guscio - allora non andremo mai a sviluppare il nostro cervello. Il nostro cervello non sarà mai pronto a gestire sfide sempre più grandi. A prendere decisioni migliori.
Esponendoci a pensare “fuori dalla scatola” ci permette di creare nuove connessioni interne, persino più forti.
Provando a imparare cose nuove, provando a viaggiare in posti nuovi, provando a spegnere il pregiudizio verso le persone, provando a non credere che “tanto gli altri hanno torto”, allora si può davvero allenare la neuroplasticità.
E iniziare a risvegliare dal letargo il saggio e assennato Pensiero Lento.
Consiglio pratico: Le decisioni sono prodotti
Kahneman stesso ci fornisce un consiglio molto pratico quando si tratta di prendere una decisione. Pensa alle tue decisioni come a dei prodotti. Prodotti che escono fuori da una catena di montaggio. Tante volte, quando seguiamo bias e credenze di routine, accettiamo le nostre decisioni chiudendoci nel nostro guscio impenetrabile. Ma non mettiamo mai in discussione quello che decidiamo. Proviamo a farlo! Facciamolo usando l’esercizio mentale seguente: dobbiamo commentare un prodotto appena uscito da una catena produttiva. Che caratteristiche ha questo prodotto? Come è stato creato? Quali sono gli step del processo di manifattura che lo hanno generato?
Se per esempio sono in una riunione di lavoro - non citiamo le riunioni condominiali per evitare esempi troppo violenti! - ed esprimo la mia decisione alzando la mano, devo sempre chiedermi: “cosa ha prodotto questa mia decisione?”. Perché molto spesso, in uno scenario così descritto, siamo vittima del bias del groupthinking. Ovvero ci adeguiamo, almeno verbalmente, alla massa dei nostri pari mentre dentro di noi pensiamo altre cose o siamo poco convinti.
Andare a ritroso nella catena produttiva del nostro pensiero può aiutarci a capire se la decisione è nata da un bias.