Cosa pensano gli altri di te?
C’è una frase di Eleanor Roosevelt, che tradotta suona come: “Non ti preoccuperesti così tanto di quello che le persone pensano di te, se capissi quanto raramente lo fanno”. Credo che la frase intenda dire “ehi, tu credi che tutti stiano a pensare a te e alla figuraccia che hai fatto ieri, o alle cose che hai detto l’altro ieri. Ma raramente sei al centro dei pensieri degli altri così tanto, quindi rilassati!”
Volendo interpretare però la frase con una sfumatura di malignità, potrebbe anche voler dire “ti preoccupi tanto di quello che la gente pensa? Ma non lo sai che la gente… raramente pensa?!”.
Battute a parte, la paura del giudizio è una delle causi più comuni di un fenomeno chiamato ansia sociale. L’ansia sociale è un sentimento estremamente logorante che porta le persone a evitare ogni genere di situazione sociale. A causa di tale disturbo, molte persone vivono quotidianamente una profonda solitudine. Arrivare alla radice della paura del giudizio può essere sicuramente un buon percorso terapeutico. “Ho paura a stare in mezzo alla gente perché ho paura che la gente mi reputi troppo… cosa?”
Rispondere a questa domanda è una chiave.
Esattamente, cosa ti fa paura? Quale etichetta temi ti venga messa addosso?
Questo è un primo punto di partenza. Non sempre però le persone sono consapevoli del perché hanno l’ansia sociale. E questo complica le cose. L’ansia sociale potrebbe anche essere scatenata da contesti familiari in cui si è stati abituati a non essere inclusi nelle conversazioni, a non poter parlare se non interpellati, a non poter guardare le persone negli occhi pena punizioni severe. Quindi non sempre dietro tale ansia vi è una paura di un giudizio. A volte vi è una qualche ferita da scoprire, o qualcosa di apparentemente irrazionale.
In questo articolo però cercheremo di capire se ci sono modi per uscirne. Non tanto dall’ansia, che non vogliamo demonizzare. L’ansia fa parte di noi, e anche se in te è una parte considerevole è meglio accettarla che combatterla.
A noi interessa che tu non debba soffrire della profonda solitudine che descrivevamo poche righe fa.
La scienza dell’ansia sociale
Per parlare di questo disturbo ci rifaremo alle spiegazioni della psichiatra Tracey Marks, che sul web agisce come divulgatrice e sensibilizza in maniera molto chiara su temi molto spinosi.
Abbiamo dovuto attendere il DSM-5 perché la generale fobia che ci coglie in situazioni pubbliche o di interazioni con altri individui prendesse il nome tecnico di social anxiety.
La social anxiety è un sentimento di paura, disagio, vergogna e imbarazzo che si frappone fra un individuo e il contesto sociale in cui egli dovrebbe inserirsi (una cena fra colleghi, un party, conoscere persone nuove, parlare con qualcuno durante un tragitto in auto). Chi soffre di tale ansia, come dicevamo, si sente giudicato. E magari sa anche il perché. O, sempre come dicevamo, non lo sa ma la sua psiche è segnata da una ferita che lo protegge dalle potenziali umiliazioni.
Che sia per la paura del giudizio o delle umiliazioni, l’individuo in preda alla social anxiety tende a isolarsi e a evitare determinati contesti e situazioni. Ed eccola, la solitudine.
Attenzione, occorre fare una precisazione. L’ansia è presente in ognuno di noi, e la social anxiety è solo una risposta eccessiva di fronte a una situazione che non è minacciosa. Ci aspettiamo però che tu sappia valutare in autonomia il tuo livello di ansia. Se la tua ansia è debilitante o ti porta a sintomi fisici impattanti, allora la lettura di questo articolo non sarà un salva-vita. Valuta se intraprendere un percorso terapeutico come ad esempio - consiglia la Marks - quello cognitivo-comportamentale.
A te la scelta su come guarire.
Di sicuro devi considerare il tuo livello di anxiety. L’ansioso sociale è una persona che, a volte, può sentirsi così giudicato da avere problemi anche a mantenere una postura normale. Le gambe diventano molli, o troppo rigide, non riusciamo a camminare bene se ci sentiamo guardati. Assumiamo linguaggi del corpo che ci identifichino come non minacciosi. Spariamo fisicamente, ci isoliamo, ci chiudiamo.
L’ansioso sociale è anche uno che fa tante domande piuttosto che sentirsi domandare qualcosa (e dover dunque mettersi in gioco e rispondere). L’ansioso sociale è infatti qualcuno per cui ogni conversazione è stressante. Egli potrebbe addirittura prepararsi una lista di argomenti a casa.
Ma, arrivati a un certo punto, la conversazione non è stressante solo per l’ansioso ma anche per l’interlocutore! Prova a immaginare parlare con qualcuno (senza avere abbastanza empatia da capire che soffre di ansia) ed essere tempestati di domande. O intuire ch’egli si è preparato una lista di argomenti. L’ansioso - per questi tratti - viene considerato “strano”. E questa percezione di stranezza aumenta la sua ansia sociale! Un circolo infinito!
Esponiti. Un gradino alla volta.
L’approccio che consigliamo in questo articolo si basa anche sulle indicazioni della dottoressa Marks, ma non solo. Ed è straordinario vedere come la Marks e altri studiosi diano consigli che sono perfettamente in linea con la filosofia dei nostri articoli.
Se hai già letto i nostri contenuti, infatti, avrai notato che noi invitiamo sempre a seguire un pattern pragmatico quando si tratta di benessere personale. Se hai un problema prova a scomporlo e analizzalo fino alle cause radice. Se hai un obiettivo, scomponi anche quello in una lista di micro-abitudini, di micro-task da smarcare per aumentare la tua autostima e creare gradualmente una routine che diventi la tua nuova vita.
Ecco, tale approccio è valido anche per l’ansia sociale. Anche per tale ansia bisogna scomporre il problema - provando a capire cosa ci mette a disagio - e affrontare sfide quotidiane gradualmente più spaventose per sviluppare il coraggio, la consapevolezza che possiamo farcela.
Lo dicevamo: l’ansioso tende a isolarsi e a evitare determinati contesti e situazioni. Ma la soluzione è l’opposta. Esporsi ancora di più.
L’exposure therapy è un approccio terapeutico di comprovata e scientifica efficacia. Certo, non si può passare da zero a cento. Ecco perché sono utili le micro-task. O, come dice la Marks, i gradini.
La Marks invita infatti gli ansiosi a immaginare una scala. A dividere il proprio macro-obiettivo (”devo limitare la mia ansia sociale”) in vari gradini da salire.
Il primo gradino potrebbe essere salutare il cassiere al supermercato sotto casa. Il secondo salutare un estraneo incrociato in un reparto (molto più sfidante rispetto al cassiere, che magari è un viso noto). Poi un terzo gradino potrebbe essere parlare con il cassiere. E così via, salendo. Facciamo un complimento a qualcuno. Chiediamo a un compagno di studi o a un collega come è andato il weekend. Comprendi? Più sali questa scala di micro-obiettivi più saranno sfidanti le cose che dovrai fare ma anche più entusiasmanti i risultati che raggiungerai. Negli scalini più alti vi saranno goal quali parlare con completi estranei di argomenti concreti. Sappi questo: più sali la scala più ti abituerai al livello di ansia associato alla sfida di ogni gradino. Però attento: non passare al gradino successivo finché non sarai davvero a tuo agio nel gradino in cui ti trovi ora. Non devi avere fretta. Per questo è una scala fatta di gradini e consapevolezza, e non una corsa affannata.
Consiglio pratico: usa i tuoi occhi
La scienza ci dice che il modo in cui usiamo i nostri occhi può triggerare o meno il nostro livello di ansia. Andrew Huberman, neuroscienziato della Stanford University, è uno dei sostenitori della tesi che dice che il modo in cui concentriamo la nostra vista cambia il nostro livello di stress.
La ricerca ci indica che una visione panoramica dell’ambiente diminuisce il nostro livello di stress. Aprire la vista, insomma, rilassa il nostro corpo anche se siamo in una situazione stressante. Allargare la vista consente di sentirsi maggiormente padroni della situazione, di sentire di avere più tempo per reagire alle sfide, e dunque di ammorbidire la risposta “fight or flight”.
In una situazione stressante, spesso ci capita di vivere una scena da film. Molti registi rappresentano l’ansia in che modo? L’ansioso fa uno zoom su un dettaglio che è così ben inquadrato da diventare inquietante (la bocca dell’interlocutore che parla) e inizia ad andare in overthinking e a sentirsi soffocato da questa tunnel vision fino a scatenare il panico.
Quando sei in un contesto sociale prova a fare così: allarga la tua visione e guarda bene quel che ti succede intorno. Nota i dettagli. Guarda le persone che hai intorno. Guarda i loro occhi. Questo ti permetterà di capire che nessuno di loro è una minaccia. Sono umani come te, magari in imbarazzo o preoccupati come te. E guardare ti impedirà di focalizzarti sulla tua voce interiore, pratica odiosa che porta sia a rimuginare, sia al fatto che non stiamo ascoltando la voce di chi ci parla. E dunque ignoriamo gli altri.
La visione panoramica va comunque testata perché per ognuno funziona diversamente. Se guardare un intero gruppo di persone ti crea ancora più ansia, allora prova a concentrarti sul singolo individuo con cui stai parlando in quel momento. Ma nuovamente: guardalo. Concentrati su di lui. Osservalo, ascoltalo.
Non pensare solo a te, o finirai prigioniero delle fobie. Non ascoltare solo te stesso, o finirai prigioniero dei dubbi e delle voci interiori.
Apriti al mondo. Esponiti. E starai meglio.