Wabi-sabi: siamo belli perché imperfetti

Wabi-sabi: siamo belli perché imperfetti



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Kintsugi, non a caso!

Studiando i temi di benessere e crescita personale ci imbattiamo spesso nella assurda propaganda del concetto di winner mindset. Ogni volta ridiamo di gusto. Innanzitutto perché ci piacerebbe capire il significato della parola “vincente”. Vincente rispetto a quale gara? A quale competizione? E soprattutto sono innumerevoli i contenuti e i corsi per imparare a essere questo fantomatico “vincente”. E tutti si incentrano sul dirti che devi arrivare alla vetta, al successo. Che devi essere la persona più brillante della stanza, e dominare su tutti. Questi discutibili prontuari pongono modelli di riferimento mai al di sotto di Jobs e Musk.

Noi invece ci auguriamo che tu, prima che un “vincente”, sia un individuo sereno e in pace. E crediamo che non serva a nulla essere degli automi invincibili, instancabili, carismatici in ogni momento e macina-soldi. Crediamo invece che tu debba accettarti e trovare i tuoi ritmi. Imparare a riconoscere la tua umanità. A riconoscere la tua semplice, spesso fragile, ma potentissima umanità. E apprezzare le tue imperfezioni senza combatterle.

Ci chiamiamo Kintsugi non a caso! Le famose riparazioni con l’oro della ben nota tradizione giapponese sono legate all’idea che una ferita, un difetto, una rottura possono rappresentare un’evoluzione. Un miglioramento estetico.

 

La grande (imperfetta) bellezza

C’è un altro termine giapponese che racchiude una filosofia di elogio all’imperfezione.

Si tratta del Wabi-sabi. Wabi-sabi vuol dire trovare la bellezza in tutto ciò che è imperfetto, precario, malinconico. Il Wabi-sabi è più che altro un termine estetico. Può essere, ad esempio, una casa rustica e dai colori spenti a ispirarci il Wabi-sabi.

E nella nostra vita? In un mondo che ti invita a sgomitare, a puntare al perfezionismo, all’assoluto, al massimo, ecco che - in pieno stile Wabi-sabi - tu puoi iniziare ad abbandonarti all’idea che la vita non è fatta di perfezione. Che accadranno sbagli, cadute. Che non sei invincibile. Che un momento brutto non rovina l’intera tua giornata. Che non devi ossessionarti sull’idea di perfezione. E che, dunque, non tutto deve essere perfetto per renderci davvero felici. Anzi, che la felicità è un sentimento umano. E l’umanità è fatta di crepe, storture e vulnerabilità.

Ma, dicevamo, il Wabi-sabi si accompagna di solito alla descrizione di un’opera d’arte, un edificio, una composizione. Come facciamo noi a trarne una chiave per decifrare la vita e godercela di più?

Fai questo esercizio.

Se tu prendessi un momento della tua vita in cui hai avuto successo (un titolo di studio ottenuto, un progetto concluso) e disegnassi una linea che rappresenta il tuo percorso per arrivare a tale traguardo… come apparirebbe la linea? Vogliamo dire: se dovessi rappresentare i momenti di picco (quando avevi motivazione, e ti sentivi bene e infallibile e hai fatto tutto giusto) e i momenti di down (quando hai fallito, quando volevi mollare, quando hai fatto errori madornali) cosa accadrebbe? La tua linea - che rappresenta il percorso dallo zero al traguardo - come sarebbe? Sarebbe un’unica retta, perfetta, che parte dal basso e diagonalmente sale verso il cielo? No. Sarebbe una linea piena di onde. Una linea che mostra tutte le volte in cui hai oscillato. In cui sei stato volubile. E tutte le volte in cui sei risalito/a. In cui hai dato il meglio.

Eppure - nonostante le onde e curve di questa linea irregolare e imperfetta - alla fine ce l’hai fatta.

Perché quindi dannarsi l’anima per ogni volta che sbagliamo?

Perché rodersi il fegato per ogni volta che qualcosa di nuovo (un nuovo lavoro, una nuova relazione) non funziona alla perfezione?

Nemmeno le tue esperienze più belle della vita hanno, alle spalle, un percorso perfetto e lineare.

Nulla è perfetto.

E sai una cosa? Va benissimo così.

 

L’approccio Wabi-sabi

Ma l’approccio Wabi-sabi, allora, è davvero un approccio salvifico?

Secondo noi sì, se pensiamo che ti consentirebbe di:

  1. Essere felice con quello che hai mentre lotti per quello che vuoi. Non avresti bisogno di dire “sarò felice solo quando avrò sfondato, quando sarò ricco, quando sarò sposato, quando avrò quella promozione”. No. Tu puoi essere felice anche oggi. In una vita leggermente più imperfetta e precaria e non sempre al top. Che è pur sempre vita. E nel frattempo lottare per quello che vuoi ottenere. Sapendo che anche allora ci saranno alti e bassi. Per fortuna, sennò sai che noia?
  2. Rallentare i ritmi. Togliendoti dall’idea di una società iper-competitiva, essere Wabi-sabi ti consentirà di abbracciare uno stile “slow”. Questo sarà salutare. Con slow non intendiamo, ovviamente, accidia e indolenza. Intendiamo lavorare su se stessi (e pure con grande energia e spirito) ma farlo in base ai propri tempi. Fare jogging quando si ha voglia e non avere l’ansia di gareggiare con tutti i nostri contatti dell’app che conta i chilometri. Studiare quando si ha desiderio e piacere, e non alzandosi alle cinque e trenta del mattino perché ce lo ha ordinato qualche “guru” del momento. Lavorare su se stessi al proprio giusto passo.
  3. Avere meno paura degli errori. Abbiamo visto moltissime persone rinunciare ai propri sogni perché, ogni qual volta iniziavano un nuovo progetto di vita, si sentivano dei falliti se le cose andavano male. Alla prima lavata di testa del proprio capo si sentivano degli incapaci. Al primo litigio con la propria squadra si sentivano stanchi di avere a che fare con la gente. Al primo buco nell’acqua gettavano la spugna. Ma accettare le imperfezioni ti fa avere meno paura degli errori. E avendo meno paura degli errori continuerai a provare.

Perché ricorda: il vero fallimento non avviene quando la tua vita è imperfetta. Il vero fallimento non è quando provi e sbagli. Il vero fallimento è quando non provi affatto!

 

Consiglio pratico: la tua routine estetica è Wabi-sabi!

Il consiglio pratico di oggi riguarda applicare il Wabi-sabi (che è proprio legato all’estetica) anche alla cura di te, del tuo corpo e del tuo stile.

Inizia a crearti una routine di self-care che sia Wabi-sabi. Quindi impara a curare il tuo corpo e a vivere questa routine come un momento da assaporare. Un momento di coccole personali in cui non devono esserci distrazioni. Solo concentrazione su se stessi.

Allo stesso tempo, abbandona l’ansia e il perfezionismo. Non darti del fallito per quella pancetta che non hai buttato giù. Non disperare per quel capello bianco, anzi, ti dà fascino. E sì: quello è proprio un brufolo ma non rovinerà il tuo appuntamento.

Il tuo self-care, dunque, non deve puntare a trasformarti in un’altra persona con trucco, parrucco ed effetti speciali. Ma a permetterti una vera cura di te e della tua igiene e una valorizzazione di quello che sei. Qualsiasi forma tu abbia, senza celare nulla o mistificare.

E anche quando scegli gli abiti: non buttarlo quel maglione solo perché è un po’ più vecchio degli altri! Magari indossandolo sei così a tuo agio - visto quanto ci sei affezionato - che emanerai fascino e splendore, molto più che indossando un abito costoso appena comprato in un negozio alla moda.

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Danilo Lapegna

CEO e Founder del "Kintsugi Project"

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