Devi riconoscertelo: sei una meraviglia!

Devi riconoscertelo: sei una meraviglia!



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Non essere Charlie Brown!

Nello special televisivo It's Your First Kiss, Charlie Brown del 1977, l’eroico e tenero Charlie Brown vive, in una sola giornata, due emozioni intense. La prima è una (ennesima) sonora e cocente sconfitta sportiva. La seconda riguarda invece la tanto amata Ragazzina dai Capelli Rossi. Andando a una festa, Charlie Brown ha finalmente occasione di interagire con la ragazzina per cui ha tanto spasimato. Egli danza con lei e riesce anche a darle un bacio. Un momento storico, in grado di cancellare la tristezza per la sconfitta sportiva di qualche ora prima. Anzi, in grado di cancellare ogni tristezza, giusto?

Eppure il giorno dopo… Charlie Brown ha un’amnesia. Lo vediamo parlare con Linus e scopriamo che egli non ricorda minimamente le bellissime cose accadute assieme alla Ragazzina dai Capelli Rossi. Charlie Brown, in compenso, ricorda perfettamente la batosta presa alla partita. Insomma, Charlie Brown ricorda solo le cose negative e ha cancellato quelle positive.

Secondo Abraham J. Twerski - psichiatra che ai Peanuts ha dedicato molti scritti - questa sindrome non riguarda solo i cartoni animati. Ci sono anche molti umani che tendono a concentrarsi solo sulle cose brutte che accadono e rimuovono o non considerano quelle belle.

Questo capita anche a te? Se sì, ecco un articolo che potrà aiutarti a essere un po’ meno Charlie Brown!

La paura di vincere

La maturità, spiega Twerski, potrà avvenire solo quando saremo consapevoli del fatto che anche il successo può fare parte della nostra identità. E non solo i fallimenti.

Sembra strano, ma questo concetto è difficile da accettare.

Dice Twerski: “Quando cominciano le cose belle? Le cose belle possono cominciare anche subito, se riesci a compiere i passi necessari per correggere la falsa immagine che hai di te stesso. Spetta a te scoprire la piacevole verità che riguarda la tua persona”.

Pare bizzarro che tutto questo vada specificato, vero? In fondo, tutti vogliamo avere successo! Semmai è più logico pensare che la paura più diffusa sia quella di “fallire”, non quella di “vincere”. Eppure per alcune persone è molto più complesso gestire i successi, i complimenti, i doni. Questo tipo di persone “stile Charlie Brown” si trovano meglio nelle situazioni di disagio, tristezza e imprevisti. Non sono masochisti, sia ben chiaro! Quando sono nelle situazioni negative, costoro non godono anzi si lamentano molto. Tendono a fare le vittime. Ma al contempo sembra che siano i primi a non voler uscire dal loro stile di vita. Sembra quasi che una vita miserevole sia la loro comfort zone.

Come mai questo accade? Beh, intanto rendiamoci conto che accettare complimenti ed essere consapevoli dei successi significa crescere. Maturare, come diceva Twerski. Rendersi conto del proprio valore significa essere in grado di riconoscerlo e metterlo alla prova. Essere felici, insomma, è una vera e propria responsabilità. Le persone stile Charlie Brown tendono ad avere paura del successo, perché il successo porta impegno.

Questo fenomeno si collega - in casi rari - a una vera e propria fobia. La nikefobia (ove con “Nike” si intende la dea alata della vittoria) è quella paura che porta le persone - non solo gli atleti - ad auto-sabotarsi prima di vincere una sfida. Prima di quel passo finale che ti consacrerebbe alla gloria.

Cadere poco prima del lieto fine. Come si spiega una tale fobia?

Si spiega innanzitutto con l’immagine mentale che abbiamo di noi stessi. Quale immagine inconscia abbiamo di noi? Ci riteniamo meritevoli di vincere? Molte persone crescono - forse a causa di fattori educativi o ambientali - con l’idea di non meritare le cose belle, e quindi le schivano come fossero doni che sarebbe ingiusto ricevere.

E poi vi è il discorso di accettare tutte le responsabilità, come dicevamo prima, che una vittoria porta con sé.

Il nostro amato eroe dei Peanuts avrebbe dovuto affrontare tutte le conseguenze di aver baciato la Red-Haired Girl e quindi ha preferito dimenticare. Non sia mai che quell’esperienza potesse sostituire la sua immagine mentale di perdente. La sua proiezione ove egli si vede come eterno sconfitto. Meglio ricordare solo l’umiliazione sul campo sportivo. La cara rassicurante vecchia realtà che ci permette di continuare a sbagliare, non evolverci, lamentarci che il mondo fa schifo e nessuno ci ama. Dire che “nessuno ci ama” è una delle più grandi bugie. Vuol dire non riconoscere i momenti in cui abbiamo vissuto grandi amori, anche in passato. Dire che “nessuno ci ama” è facile.

Dimenticare le cose belle è triste, ma facile.

Paura di vincere

La paura di vincere nasce quindi da questa inversione psicologica. Una parte di noi vorrebbe tagliare quel traguardo - sportivo, lavorativo, artistico - e una parte più recondita ci avvisa: “se vinci sarà un’estrema sofferenza!”

Un auto-sabotaggio non è soltanto il corridore che ha tempi perfetti in allenamento ma pessime performance nella gara. Potrebbe anche essere qualcosa come: avere nel cassetto un romanzo quasi finito o un artwork pronto per un concorso, ma inventare mille scuse pur di non completare il lavoro.

Il timoroso di vincere, inconsciamente, ha il terrore che un successo possa stravolgergli la vita per sempre. In meglio, certo. Ma anche cambiare in meglio vuol dire uscire dalla comfort zone. E vuol dire più persone che si aspettano risultati da te. O magari vuol dire cambiare vita. O anche, banalmente, non avere più scuse per fare del vittimismo.

Non necessariamente essere dei “Charlie Brown” vuol dire avere la nikefobia. Ma che tu soffra di tale fobia o meno, se comunque sei incapace di accettare le cose belle ecco gli step fondamentali che devi compiere.

  1. Sii consapevole. I momenti di consapevolezza, nella vita, arrivano magari in ritardo. Magari in età matura. Ma arrivano. Arriverai a renderti conto del fatto che i complimenti ti mettono a disagio. Che in una conversazione di due ore con il tuo capo - dove sei stato riempito di elogi ma ti è stato fatto notare anche un difetto - tu ricordi solo la parte negativa (che magari è durata tre minuti). Che tutte le belle occasioni della vita sono scemate in primis a causa di tuoi modelli comportamentali che ti hanno sabotato. Partire da questa consapevolezza ti farà dire: ok, io ho paura di vincere. Di essere riconosciuto come un vincente.
  2. Chiediti di cosa hai paura. Per questo step potrebbe essere necessario anche un aiuto terapeutico. Ma di sicuro è importante andare alla radice delle proprie paure. Capire se siamo insicuri, se ci sentiamo indegni di esperienze positive. Se vogliamo stare radicati nella comfort zone per pigrizia o per terrore dell’ignoto.
  3. Accogli e accetta la paura. Questa è la parte più difficile, ma ogni processo di guarigione parte dall’accettazione. Questa paura c’è. Esiste. Esiste una parte di noi che ha pensieri disfunzionali e danneggianti. La chiave è partire da consapevolezza e accettazione per poi riuscire a cambiare la rotta.

La dottoressa Valentina Marchesi, psicologa dello sport, spiega che - per cambiare rotta, appunto - vi sono tecniche diverse a secondo della necessità della persona. Vi sono persone che sono più a loro agio con il ri-orientamento del pensiero disfunzionale. Qualcuno necessita di esprimere la paura completamente. Con altri ancora è importante il rilassamento, la meditazione.

Tu devi scoprire la tua necessità. Intanto però ti consigliamo di iniziare a pompare la tua autostima. E questo parte anche dal saper accettare i complimenti. I complimenti sono feedback che terze persone ci danno, riconoscendoci un valore che poi dovremo interiorizzare. Riconoscerci un valore fa parte dell’amor proprio, che è la forma d’amore che ogni adulto maturo dovrebbe avere.

Per imparare ad accettare i complimenti devi smettere di alimentare la narrativa che ti sminuisce, che ti butta giù. Per esempio con frasi come “Ma no, ma non è vero, non valgo niente…”

E non devi neanche sentire la necessità di ricambiare! Ti è stato detto qualcosa di bello? Vuol dire che lo meriti. Se sfuggi in preda al disagio o se ricambi a tutti i costi vuol dire che pensi di non meritarlo affatto.

Invece devi riconoscertelo: non sei un rottame, un fallito, un perdente, una vittima come spesso pensi di essere. Guarda quante prove hai, ogni giorno, del tuo valore. Devi riconoscertelo: sei una meraviglia!

Come diceva Twerski, è ora di “correggere la falsa immagine che hai di te stesso”.

Come diceva Charlie Brown: “Qual è il vantaggio di fare una qualsiasi cosa, se poi non riesci a ricordarla?”

Consiglio pratico: i 5 Perché

Il consiglio pratico di oggi si collega alla fase 2 degli step precedenti. “Di cosa hai paura?”.

Un modo per capire di cosa hai paura potrebbe essere usare la tecnica dei 5 Perché. Quella dei 5 Perché è una tecnica di problem solving molto efficace.

Significa partire da un problema e porsi la domanda “perché?” per almeno cinque volte di fila.

Oggi sono arrivato tardi al lavoro. Perché? Perché non sono riuscito a svegliarmi in tempo. Perché? Perché Alexa non ha suonato la sveglia. Perché? Perché ieri mi ero dimenticato di accenderla… e così via fino a scoprire a cosa ci ha portato ad avere un danno, una distrazione.

“Perché - Perché - Perché …” è questa la chiave per arrivare al cuore di un problema.

Lo stesso si può applicare per indagare la paura del successo.

Prendiamo Charlie Brown, che abbiamo lasciato poggiato sul muro, triste e sconsolato, intento a parlare con Linus.

Se egli ha completato correttamente lo step 1 (consapevolezza) allora ha capito che l’amnesia del bacio è dovuta dalla paura. E a quel punto può dirsi: “Ho paura di ammettere che ho baciato la Ragazzina dai Capelli Rossi”. Perché? “Perché ho paura che da quel bacio possa conseguire una relazione stabile”. Perché? “Ne ho paura perché non mi ritengo alla sua altezza”. Perché? “Perché ritengo che lei si annoierebbe a stare con una persona che ha una scarsa vita sociale come me…”

E così via, o esempi simili.

Attenzione, però. Nell’esempio appena fatto, Charlie Brown è stato in grado di darsi risposte sincere e soprattutto molto autoconsapevoli. Solo così è arrivato alla sua root cause che era il suo livello di autostima non elevato. Verità non facile da accettare, ma sicuramente una grande verità. Se applichi la tecnica dei 5 Perché devi sempre darti modo di rispondere onestamente alla serie di perché. Questo può voler dire - come ha fatto il nostro Charlie - darti anche risposte che potrebbero non piacerti. E riuscire in ciò, sottolineiamo di nuovo, comporta avere una consapevolezza di sé. Per cui prova a fare questo esercizio con la giusta calma, meditazione, dandoti il tempo e il modo di rispondere dopo attente riflessioni. Magari scegli una location rilassante, e usa carta e penna se pensi che ti aiutino a concentrarti più del pc. Distingui le cause dai sintomi (le cause sono ciò che generano un problema, non gli effetti o gli impatti del problema stesso) e poni sempre attenzione alla logica del rapporto causa-effetto. Se vuoi sapere come effettuare una serie di 5 Perché alla perfezione, studiati il caso del Jefferson Memorial: stava cadendo a pezzi e nessuno sapeva come mai. Questa storia vera divenne esemplare per l’utilizzo di questo processo ripetitivo ed esplorativo del Why-Why-Why.

E come prova finale per capire se hai svolto bene l’esercizio, prova a far questo: arrivato alla presunta causa radice finale, prova a rovesciare la frase, a ripercorrere tutti i “Perché” all’indietro vedendo se il legame logico causa-effetto ha senso. Nel caso di Charlie Brown: “Ritengo che la Ragazzina dai Capelli Rossi si annoierebbe a stare con uno con una vita sociale piatta come la mia ed ecco perché non mi ritengo alla sua altezza. Infatti ho paura di avere una relazione con lei e ho paura che da quel bacio che ci siamo dati possa scaturire una relazione, e allora… meglio dimenticare anche solo di averla baciata!”.

Questa tecnica avrebbe davvero potuto salvare il nostro eroe. Magari, arrivato alla radice della paura, Charlie potrebbe - anziché scappare - fare la cosa più naturale e semplice e genuina. Parlare con la Ragazzina dei propri timori. Magari scoprendo che erano infondati. Lei non considera Charlie Brown un freak anzi lo adora per i suoi hobby, le sue passioni, e il suo beagle!

Il problema dunque non è avere questa paura. La paura la si può accettare, come dicevamo.

Il problema è tapparsi gli occhi. Non andare all’origine della paura. Questo, davvero, ci impedisce di risolverla.

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Danilo Lapegna

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