I buoni propositi vanno a farsi friggere
Più o meno ce l’abbiamo tutti quel caro amico che a Capodanno fa sempre lo stesso proposito: “l’anno prossimo voglio mettermi in forma sul serio!” Lo stesso proposito, ogni singolo Capodanno. Dunque, come è chiaro, ogni anno non ci riesce mai.
Durante uno dei suoi ennesimi tentativi annuali, quando immerso nella nuova dieta del momento, questo amico magari ha raggiunto un gruppo di coetanei a cena. Era davvero motivato, anzi lo ha comunicato agli altri: “Ragazzi, vengo solo per farvi un saluto ma non mangio nulla! Sono a dieta!”.
Non appena seduto al tavolo, invogliato dalla luccicante bottiglia di vino posata al centro, questo stesso amico se ne è versato un bel bicchiere.
“Un po’ di vino, che sarà mai? - ha commentato - E fa anche bene al cuore!”
Più o meno ce l’abbiamo tutti quel caro amico che fa così. Anzi, a volte siamo noi quel caro amico! Bloccati nella possibilità di migliorare perché ogni volta che cerchiamo di settare una nuova abitudine il nostro cervello indulge, ci fa cedere, ci fa sbagliare. E si racconta pure di aver fatto una cosa giusta o innocua!
Questo meccanismo si chiama autogiustificazione. E oggi capiremo se è davvero la causa dei nostri fallimenti.
Autogiustificazione: la ragione per cui non miglioriamo?
L’esperienza dell’amico della storiella non è così isolata, fortunatamente per lui. La statistica ci dice che l’80% dei propositi che facciamo a inizio anno vengono abbandonati dopo appena sei settimane. Buoni propositi che, il più delle volte, riguardano mangiare meglio, fare sport o spendere meno.
Come dicevamo, spesso non riusciamo a mantenere il proposito che abbiamo scelto come bussola per la nostra crescita personale. Questo perché ci autogiustifichiamo. Fu lo psicologo Leon Festinger, nel 1957, a introdurre questo tema parlando della dissonanza cognitiva. La dissonanza è la sensazione di contraddizione che proviamo quando abbracciamo idee o pensieri diversi fra loro. Mi spiego meglio: quando da un lato vorremmo essere a dieta e dall’altro vorremmo bere quel bicchiere di vino, il nostro cervello vive un’incoerenza. Per risolverla cosa fa? Si appoggia alla autogiustificazione. La autogiustificazione è quello che allevia tutta la tensione della dissonanza. Tutte le nostre decisioni sbagliate, i vizi reiterai, i passi falsi o pigri vengono giustificati da pensieri con cui ci coccoliamo e ci assolviamo.
Ma, dunque, l’autogiustificazione va demonizzata, giusto?
Assolutamente no.
Innanzitutto va compresa. Si tratta di uno strumento molto potente della nostra mente. l’autogiustificazione è un modo con cui il nostro cervello cerca di limitare l’ansia. E più pensi cose come “Ecco, anche oggi mi sono autogiustificato! Non raggiungerò mai il mio traguardo! Non sarò mai la persona che voglio essere!” più ti farai del male.
Noi non crediamo ai guru che vogliono tu viva come Terminator. Una robotica macchina che si programma per svegliarsi alle cinque, farsi docce fredde, fare cinquanta flessioni e studiare dieci pagine al giorno, il tutto evitando zuccheri e cibi raffinati. Andiamo, chi riesce a sostenere un tale ritmo? E in nome di cosa? Un’ora sul divano ogni tanto, oppure procrastinare: queste possono essere anche cose buone. Autogiustificarsi è sì coccolare il proprio ego. Ma coccolare il proprio ego vuol dire prendersi cura di se stessi, in un certo senso.
Ti consigliamo di rileggere l’articolo sull’Oubaitori per avere ancora più chiaro il concetto: il punto dell’automiglioramento non deve essere diventare il nuovo Elon Musk o David Goggins. Il punto è trovare la propria strada. E la propria strada si trova sapendo anche quando mollare un po’ di tensione, quando rilassarsi, quando concedersi. Quando coccolarsi..
Come gestire, allora, l’autogiustificazione?
Ribadendo il concetto, l’autogiustificazione è un meccanismo dell’ego che vuole darti comfort. Vuole dirti che va tutto bene, che non hai fatto nessun errore. E che in fondo per cambiare c’è sempre tempo. La tua identità invece (soprattutto quella ancora non sbloccata) ha bisogno di disciplina. E di buoni propositi mantenuti.
Come gestire, allora, questo conflitto? Innanzitutto accettandolo, ed essendo grati.
Già. Perché molti meccanismi dell’ego, del proprio orgoglio, sono adattivi ed evolutivi. Non vanno negati o combattuti ma compresi. Integrati nelle nostre routine.
C’è una dissonanza cognitiva in atto? Ok, la accetto come un segnale. Un segnale che mi dice che c’è qualcosa su cui lavorare.
La dissonanza in sé fa percepire un potenziale problema e la risoluzione non può essere criminalizzarsi, o indossare un cilicio punitivo per aver sgarrato. Piuttosto bisogna indagare la causa della dissonanza. Ridurre la propria entropia cognitiva. Insomma, fare ordine nei propri pensieri.
Come?
Beh, una chiave ce la dà il neuroscienziato Andrew D. Huberman una volta disse: “possiamo fare ordine tra i nostri pensieri solo nel momento in cui li esercitiamo sul mondo”
Quindi adotta soluzioni come:
- Meditare, se è nelle tue corde, per migliorare la mental clarity e risolvere la dissonanza
- Scrivere, cioè usare il journaling per mettere giù goal della giornata, pensieri, difficoltà, sfide. E anche per tenere traccia dei progressi e dei risultati
- Parlare, con persone che possono aiutarci, specialisti se serve, e fare ordine con loro e attraverso il dialogo. Fare ordine nei nostri pensieri.
- Prendere una pausa, perché quando siamo troppi immersi (in una routine, in una sfida, in una challenge, in una corsa con noi stessi) finiamo per sobbarcarci di impegni e lavoro e non riusciamo a vederci da fuori. Ci abituiamo al “ho sempre fatto questo e devo continuare a farlo” ma a volte è meglio mettere in discussione anche il nostro goal iniziale. Adattarlo se serve.
E aggiungendo una postilla al punto 2, ci permettiamo di ricordarti che scrivere i progressi è davvero un modo per goderseli e visualizzarli. Perché, ok, non c’è nulla di male nell’autogiustificarsi. Ma se hai una chiara visione dei tuoi progressi, ogni volta che il cervello proverà a coccolarti dicendoti che “sgarrare non fa del male a nessuno” tu ricorderai quanto bene sei stato le volte in cui non hai sgarrato. Le volte in cui hai fatto il tuo dovere e sei cresciuto.
E infine sii paziente. E onesto con te stesso. Questa è la cosa principale.
Consiglio pratico: vai a correre sotto la pioggia!
Il consiglio pratico finale che vogliamo darti ti permetterà di usare l’autogiustificazione… a tuo vantaggio!
Ebbene sì. Non solo, come dicevamo, l’autogiustificazione non va combattuta. Ma puoi anche usarla per migliorare.
Come? Semplice. Vai a correre sotto la pioggia!
No, non vogliamo tu prenda un raffreddore. Dacci retta, il consiglio è davvero interessante.
Prova a immedesimarti: se una parte di me mi ritiene pigro, svogliato, incapace di migliorare come sportivo, allora è tempo di creare una incoerenza bella forte come andare a fare jogging mentre piove. Dando al corpo questa esperienza, il cervello vivrà una dissonanza cognitiva. “Aspetta, ma sono pigro o sono un super-sportivo?”. Il cervello, lo abbiamo detto, sarà portato a dover risolvere questa dissonanza in qualche modo.
Ma questa volta lo farà dandoci una morale positiva, costruttiva.
“Ehi, ho fatto jogging sotto la pioggia! Sono il Rambo della corsa!”
Questo cambierà la nostra narrativa interna.
Portare a termine questo risultato sarà un boost per la nostra dopamina, neurotrasmettitore essenziale per la motivazione. La dopamina nel nostro cervello è strettamente legata alla motivazione. Quando i nostri livelli di dopamina sono alti, il nostro livello di concentrazione aumenta e ci rende focalizzati sugli obiettivi.
Questa piccola vittoria della corsa sotto la pioggia è un primo picco di dopamina. Ogni iniziativa come questa potrebbe aiutarci a creare abitudini positivi sul lungo termine, sul lungo periodo.
E dunque a migliorare davvero. Senza mandare a farsi friggere i buoni propositi.